Perché in Italia non si studia “scrittura accademica”?

Perdonatemi per essere scomparsa di nuovo. Uno dei motivi della scomparsa è che ora, oltre al dottorato, sto anche facendo due lavori per riuscire a sbarcare il lunario… e proprio pensando a uno di questi due lavori ho anche pensato a questo post, che cerca di rispondere alla domanda del titolo. Perché in Italia non si studia scrittura accademica? Quali possono essere le conseguenze? Cosa succede nel resto del mondo? 

Chi mi segue su Twitter l’avrà notato, uno dei lavori è scrivere articoli in inglese incentrati sulla cultura giapponese. Il secondo lavoro, invece, non appare sul web ma è quello più importante.
Per prima cosa, una precisazione: l’università presso la quale sto facendo il dottorato qui in Giappone, la Waseda University, include anche numerose facoltà con materie insegnate interamente in inglese.
Grazie anche a questo fattore, dallo scorso settembre ho iniziato a lavorare al Waseda Writing Center come Writing Tutor per la lingua inglese.

Cos’è un “Writing Center”? Qui trovate la voce in inglese di Wikipedia, ma per coloro che non parlano inglese traduco (orrendamente) qui di seguito:

Un writing center fornisce agli studenti assistenza gratuita per saggi, progetti, report […]. Uno degli obiettivi chiave di un Writing Center è aiutare gli scrittori a imparare. Tra i servizi tipicamente offerti vi è aiuto riguardante obiettivi, struttura e funzione dello scrivere, e tali servizi sono indirizzati a scrittori di tutti i livelli e settori accademici. I Writing Center cercano di fornire risposte che non siano proscrittive o correttive, spiegando invece in maniera più completa come un documento possa non riuscire a raggiungere gli obiettivi che lo scrittore si era proposto. […] Solitamente un Writing Center offre consultazioni a livello individuale, durante le quali un tutor propone i suoi commenti sul documento in questione; la funzione principale è discutere le possibili modalità di revisione dello scritto. Tuttavia, il ruolo del tutor non è fare correzioni o modificare il lavoro dello studente: si tratta invece di facilitare i tentativi dello studente di revisionare il suo stesso lavoro autonomamente, conversando con lui/lei riguardo all’argomento in questione, principi e processi della scrittura […] e assistendolo/la nell’identificare pattern di errori grammaticali nella sua scrittura.

Italiano orrido a parte (sto seriamente perdendo l’uso della mia lingua madre, visto che la utilizzo solo su Skype con la mia famiglia), il concetto dovrebbe essere chiaro.
La particolarità del Writing Center della Waseda è che la maggior parte dei tutor, sia di lingua inglese che di lingua giapponese, sono studenti stessi dell’università: dopo una selezione tramite curriculum ed intervista, i futuri tutor effettuano un periodo di circa sei mesi di training con supervisione da parte dei tutor più anziani, per poi passare un ulteriore esame e divenire tutor indipendenti.

Tutta questa lunga trafila fa in realtà da preambolo all’argomento principale: parlando con altri tutor (che vengono da tutte le parti del mondo), molti si sono stupiti del fatto che i Writing Center in Italia non esistono affatto, e che anzi da noi molti degli esami universitari vengano effettuati in maniera orale!

Questo mi ha portato a  riflettere su una domanda che mi sono sempre posta, ovvero: perché in Italia non si studia la scrittura accademica, e nel resto del mondo sì?

Non solo da noi non esistono lauree in Creative Writing (scrittura creativa) come invece accade nel mondo anglosassone, ma ci si aspetta anche che gli studenti siano in grado di scrivere delle tesi di master semplicemente con le basi avute alle scuole superiori, ovvero l’ultima occasione in cui viene spiegato qualcosa di relativo alla scrittura (di solito in forma di saggio breve o commenti alla letteratura). Per altro, da quello che so al momento non c’è più l’obbligo di scrivere una tesi per la laurea triennale, ma quando mi sono laureata io (nel Pleistocene), la prima tesi andava scritta anche alla fine della laurea triennale.

Mentre posso comprendere l’assenza di Writing Center presso le università italiane (il prezzo di poter permettere l’accesso all’università a tutti grazie alle tasse irrisorie si riflette sulla mancanza di risorse e infrastrutture… e prima di dire qualcosa sulle tasse universitarie italiane fidatevi: fanno ridere), questa completa assenza dell’insegnamento della scrittura a livello universitario mi sorprende proprio, e non riesco a trovare una spiegazione razionale. Anche se gli esami sono per la maggior parte orali, agli studenti viene comunque chiesto di scrivere una tesi intera alla fine del percorso di studi!

Non ho una risposta alla domanda, ma il risultato è che, salvo alcuni geni innati, la roba che producono gli studenti italiani (e mi includo nel mucchio) fa ca*are. Non si pensa in maniera sistematica alla struttura di un saggio o di una tesi: cose come topic sentence, 5 paragraph structure, importanza della research question… mai sentite all’università, con l’eccezione di qualche professore volenteroso? Qualcuno si è mai seduto con voi a spiegarvi i vari sistemi di citazione?  Per la mia generazione l’ultima esposizione alla scrittura come disciplina sistematica è stato il saggio breve alle superiori (lo insegnano ancora? Nel Pliocene lo facevano).

Ciò si riflette negativamente sull’accademia. Nel mio campo (relazioni internazionali) gli italiani contano poco o niente, spesso perché le loro opere sono amatoriali. Con poche eccezioni, la maggior parte di coloro che hanno qualcosa da dire e lo dicono bene si è formata per almeno parte della sua carriera all’estero, dove la scrittura accademica non viene affatto data per scontata. E questo è molto grave qualsiasi sia la disciplina in questione, perché magari ci sono accademici con idee valide che non vengono considerate semplicemente perché sono scritte male.

Inoltre, anche se ciò non è strettamente collegato alla scrittura creativa, lo è largamente. Mi sembra che questa idea che la scrittura non si insegni o impari ma sia tipo una cosa che viene naturale da dentro si rifletta anche sul fatto che la scrittura non sia considerata come un’arte o – sia mai! – un lavoro!!!
Tutti se hanno finito la scuola dell’obbligo sanno scrivere, si tratta solo di conoscere la grammatica. Quindi non ci serve un copywriter. I post del blog aziendale li facciamo scrivere allo stagista random aggratis, oppure pigliamo un tizio a caso su internet a cui serve visibilità, che tanto è una cosa che sa fare anche mia nonna. Se in classe c’è uno studente che ha un particolare talento per la scrittura, non avrà mai modo di utilizzarlo appieno perché mentre per altre discipline artistiche (basti pensare alle arti figurative) o sportive ci sono delle scuole apposite, per la scrittura non esiste niente di riconosciuto formalmente.

A me questa sembra una mancanza gravissima, ed è poi inutile stupirsi se l’OCSE riporta dati allarmanti sull’analfabetismo funzionale in Italia (qui una sintesi, argomento in questione pagina 5, non lo leggete tutto che specialmente se siete laurati poi vi deprimete). Forse qualcosa si sta muovendo, ad esempio ho visto con estremo piacere che la mia Alma Mater, Unibo, ha attivato dei laboratori di scrittura accademica.

Voi cosa ne pensate?

 

 

Per finire, non prometto aggiornamenti regolari, ma ci tengo a sottolineare che il sito non è morta, non sono morta nemmeno io e che aggiornerò con assoluta mancanza di costanza quando avrò qualcosa di interessante da dire (probabilmente durante le vacanze universitarie…)

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