Su chi stiamo cercando di fare colpo? Seth Godin, l’autopubblicazione e gli editori

Chi mi segue su Facebook avrà notato una frase ed un link che ho pubblicato qualche giorno fa.

La frase, presa dal blog The Creative Penn che seguo sempre con piacere, recitava (qui una traduzione fatta da me, per l’originale inglese vi invito a consultare il blog):

I cambiamenti attuali nel mondo della pubblicazione spaventano quelle persone che vogliono qualcuno che li scelga e che vogliono limitarsi a scrivere, ma sono tremendamente emozionanti per gli scrittori che riescono ad abbracciare il cambiamento e scegliersi da soli.

L’ho trovata una frase davvero importante per quegli scrittori esordienti che si trovano in un’epoca di bivio come la nostra.
Su consiglio della blogger, sono andata a leggermi alcuni articoli da lei linkati. Devo ancora finire di consultare tutto il materiale, ma uno in particolare mi ha molto colpito: Moving on di Seth Godin.

Immagino che per molti Seth Godin (qui a sinistra) sia sconosciuto, tanto quanto lo era a me prima di leggere l’articolo. Non è però sconosciuto negli Stati Uniti: è un marketing guru con tante pubblicazioni alle spalle, che ha lavorato anche come editore ed ha collezionato un best seller dopo l’altro.
Seth Godin ha deciso che il suo libro Linchpin sarà l’ultimo disponibile in maniera tradizionale, ovvero su carta stampata e promosso da un editore.

Nel suo post, Seth Godin parla di cosa l’ha portato alla sua decisione. Un’affermazione in particolare mi ha colpito e cercherò di sintetizzarla per voi (invito chi legge l’inglese a visitare direttamente il sito): quando Godin ha deciso di pubblicare i suoi libri, si è reso conto che il “consumatore”, il “cliente” per cui li scriveva non era il suo pubblico di fedeli lettori, bensì gli editori. Perché? Perché fino ad ora, a causa della struttura del sistema di pubblicazione e delle sue caratteristiche tecnologiche, gli scrittori si trovavano separati dal pubblico: tra gli scrittori e i lettori c’era la figura dell’editore, che selezionava i libri ritenuti più vendibili o semplicemente più promettenti per distribuirli poi al popolo di lettori. Questo in sé non viene giudicato come un bene o un male: si tratta di una semplice costatazione che secondo me ha il suo valore.
Per portarvi l’esempio classico che tutti usano, Harry Potter è stato rifiutato da molti editori prima di essere pubblicato: se tutti gli editori l’avessero rifiutato, il mondo non avrebbe avuto Harry Potter (probabilmente alla fine qualcuno l’avrebbe pubblicato comunque dato che è un bel libro, ma se dobbiamo giocare al “what if” ogni possibilità resta aperta).

Oggi le cose stanno cambiando, grazie ad un avanzamento tecnologico nel mondo della lettura, incarnato nel print on demand e nell’ebook. Seth Godin ha deciso di adeguarsi a questo cambiamento e puntare sul digitale e sul filo diretto con i suoi lettori, anziché passare per un editore. Si è riappropriato del suo pubblico originario, quello del lettore.

Ora, questa può essere una strada giusta o sbagliata per un autore esordiente. Penso ancora che l’aiuto di un editore per un esordiente sia importante, non tanto per la distribuzione in sé ma per un aiuto nella correzione da parte di chi ha più esperienza professionale nel campo, e per imparare pian piano come si gestisce la promozione di un libro, cosa funziona e cosa no.
Però poi mi capita di leggere esperimenti come quello del blog La vera editoria, in cui uno scrittore conosciuto ha mandato il suo nuovo libro sotto pseudonimo a varie case editrici per vedere cosa sarebbe successo. Risultato: le grandi case editrici lo hanno tutte ignorato, solo alcune piccole si sono fatte avanti. Ciò significa che lo spazio per gli esordienti nelle “grandi” è praticamente inesistente: rimangono le coraggiose “piccole” che però si trovano a far fronte ad onerose spese che non sempre rientrano sotto forma di introiti.
Può l’ebook essere una soluzione a questo gap di possibilità? Può l’auto pubblicazione essere una scelta, una via alternativa?

Se la Rowling all’ennesimo rifiuto avesse deciso di pubblicare Harry Potter da sé invece di attendere un editore disposto a rischiare, senza passare per una casa editrice, avrebbe ciò diminuito il valore della sua opera ed il suo talento?

Credo che siano domande importanti su cui è opportuno riflettere. Voi che ne dite? Lasciate un commento!  

[EDIT dell’ultimo minuto: è di qualche ora fa la notizia che Amazon sbarca con il self-publishing anche in Italia, accoppiato ad un Kindle a 99 euro. Mossa molto intelligente subito prima di Natale! Vedremo presto un nuovo John Locke? Io lo spero! Sono eccitata come una bambina la mattina di Natale XD inutile dire che d.flies sarà presto disponibile su Amazon! ]

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2 comments

    1. In realtà io ne ho letto uno, di Harry Potter. Non è il mio genere (preferisco un altro tipo di fantasy) ed avendolo letto in italiano e non in lingua originale non posso giudicare le capacità “di scrittura” dell’autrice, ma credo che in HP siano presenti degli elementi davvero originali.

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